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Passa al marketing digitale a costo zero

L’esplosione delle tecnologie digitali, nell’era dell’economia delle informazioni, ha portato ad un ribaltamento delle strategie di comunicazione e di marketing, si è passati dal marketing tradizionale al marketing digitale.

Cosa s’intende per marketing digitale?

Con il termine marketing digitale si definiscono l’insieme di attività che, attraverso l’ausilio di mezzi tecnologici, sviluppano campagne di Marketing e comunicazione integrate, targettizzate e capaci di generare risultati misurabili che aiutano l’organizzazione ad individuare e mappare costantemente i bisogni di domanda, a facilitarne gli scambi in modo innovativo, costruendo con la stessa una relazione interattiva che genererà valore nel tempo.

Com’ è possibile che l’utilizzo della tecnologia all’interno del classico sistema di Marketing abbia completamente rivoluzionato il rapporto Azienda-Consumatore?

Il punto fondamentale è:

Il Digital Marketing non ha come solo scopo la vendita di un prodotto o di un servizio al consumatore finale ma la vera rivoluzione è da ricercare nel fatto che il consumatore diventa parte integrante del processo.

E’ il consumatore a dettare le regole e il marketer segue i suggerimenti che i reali utilizzatori del servizio/prodotto hanno da offrire.

Ecco perché le aziende, se vogliono continuare ad essere presenti sul mercato, devono innovarsi investendo nell’acquisizione di nuove competenze!

Anche la Regione Veneto pone particolare attenzione al marketing digitale, ecco perché ha deciso d’investire sulla formazione delle aziende per renderle più competenti più competitive!

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Lavorando 05/2016

Il nostro Paese sta cercando di superare un sistema rigido, poco aperto al cambiamento, con meccanismi di ricambio inceppati, in cui il vantaggio va tutto alle componenti della società orientate a difendere le rendite del passato a discapito di chi vuole produrre nuovo benessere futuro.

La volontà di superare questo sistema ha creato degli schieramenti: Il nuovo contro il vecchio, il futuro contro il passato, il desiderio di esplorare contro la paura di cambiare. È uno scontro epico ed è uno scontro che sta avvenendo in tanti modi, forme, azioni.

È ormai chiaro che il vento che soffia su questa nuova era è alimentato da un progressivo cambiamento dei paradigmi e che qualsiasi cosa stia avvenendo essa non è una crisi congiunturale, ma è l’insieme di forze che con sempre maggiore vigore e velocità spingono verso nuovi scenari.

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View my Flipboard Magazine.

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Come abbiamo più volte ribadito, il lavoro è uno dei contesti che più di altri ha subito ed è stato stravolto dal cambiamento: sono cambiate le figure richieste dal mercato, le competenze necessarie a svolgere una mansione, i tempi e i modi per accedere al mercato del lavoro, il modo di comunicare, di relazionarsi, cambia il modo in cui le aziende selezionano nuovi collaboratori.

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Ecco perché noi di cambiamenti, abbiamo pensato di offrire gratuitamente, a tutti coloro che sono alla ricerca di un lavoro, o che, anche se hanno già un lavoro vogliono rimanere sempre aggiornati, Lavorando la nostra rivista per stare al posso con i tempi.

Al suo interno troverete informazioni su: agevolazioni per chi cerca lavoro, su come funzionano i nuovi contratti, offerte di lavoro e molto altro…buona lettura!

 

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ALLA RICERCA DI NUOVE COMPETENZE: LE COMPETENZE DIGITALI

La Trasformazione Digitale impone ai mercati e alle società di adeguarsi, innescando processi virtuosi di Innovazione. Per farlo occorrono le giuste competenze, che nel nostro Paese in parte ancora mancano, sia per l’assenza di una strategia di lungo periodo che coinvolga aziende e sistema formativo, sia per un divario digitale ancora radicalmente diffuso.

 

In Italia gli investimenti nelle tecnologie digitali sono molto più bassi non solo rispetto ad economie di punta (USA, Asia) ma anche rispetto ai principali paesi europei; questo ritardo è in primo luogo infrastrutturale: si pensi alla quota della popolazione con connessione a banda larga che, in Italia, è nettamente inferiore a quella dei principali paesi europei, ma è ridotta anche l’ampiezza effettiva della banda erogata. In secondo luogo, il ritardo è un ritardo culturale. Sono diversi gli indicatori che mostrano un ritardo della formazione scolastica e professionale, incapace di sviluppare competenze adeguate ad una nuova domanda di lavoro.

 

Negli ultimi anni è comunque evidente, anche nel nostro paese, un aumento della sensibilità sia in ambito pubblico che privato, verso il tema dell’innovazione o, in termini più specifici, verso la diffusione di applicazioni digitali che consentano innovazioni di processo e/o di prodotto.

 

Le competenze digitali, non riguardano gli aspetti tecnici ma la complessità inerente alla valutazione di quale tecnologia acquisire, dove e come introdurla e come misurarne i risultati. La mancanza di queste competenze, spesso, riguarda il management che non dispone di quelle capacità e conoscenze necessarie a comprendere le opportunità offerte dall’innovazione digitale o le complessità dei processi di cambiamento.

 

Munirsi delle competenze digitali necessarie per rispondere a fabbisogni in continuo divenire è dunque un requisito essenziale per le organizzazioni:

 

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  • per poter attuare strategie che possono (e devono) avere ricadute concrete sui processi di business e sulle performance aziendali;
  • per promuovere una cultura dell’innovazione e stimolare un ambiente collaborativo che abbia lo scopo di capitalizzare la conoscenza;
  • per essere maggiormente efficaci nell’attrarre e nel trattenere risorse, talenti e clienti;
  • per riconoscere i catalizzatori che possono determinare il successo dei processi dei trasformazione digitale, così come gli inibitori;
  • per calcolare costi e benefici; per utilizzare in maniera proficua i Big Data e i Social Analytics.

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La fase di trasformazione digitale che si apre ora non riguarda più esclusivamente macchine da comprare o software da installare, ma competenze da arricchire.

 

Sicuramente una fase più faticosa e complessa perché riguarda  le parti vitali delle organizzazioni: il ridisegnare i processi produttivi, le strutture, le mansioni. Una trasformazione che richiede al management di avere capacità di visione, di capire dove e come le tecnologie modificano i modi di lavorare, di misurare i ritorni, gli impatti, i benefici e i rischi.

 

E voi? Avete sviluppato le competenze digitali?

 

per approfondire

benessere organizzativo Cambiamento comunicazione formazione dipendenti gestione della diversità Risorse umane Tutte le categorie
Gestione consapevole delle diversità

Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi.
(Charles Evans Hughes)

Il concetto di diversità impregna ogni ambito della vita, basta guardarsi intorno per rendersi conto, che siamo tutti coinvolti in un sistema che fa leva sulle diversità.

Che si tratti di diversità di genere, di orientamento religioso, generazionale, di appartenenza etnica, di orientamento sessuale, di abilità psico-fisiche, di competenze, di ruolo, ecc. la diversità si manifesta negli stili di lavoro e nelle diverse esigenze delle persone.

Eppure, le aziende italiane sembrano indifferenti di fronte al tema delle diversità.

La gestione delle diversità rappresenta una vera a propria sfida strategica, attuale e futura, che occorre capire e comprendere per poterla gestire.

Le persone all’interno dell’azienda, sono fra loro diverse, sono caratterizzate da una molteplicità di fattori che, in parte le accomunano ed in parte le differenziano, attuare una gestione efficiente ed efficace del personale richiede scelte organizzative che valorizzino la diversità, si tratta di passare dalla “gestione del personale” alla “gestione consapevole delle diversità delle persone”.

Cosa implica questo cambiamento? Quali sono i problemi che bisogna affrontare e quali i benefici che si possono trarre?

Per attuare una gestione consapevole della diversità, sono necessari due cambiamenti:

Il cambiamento culturale che ha come obiettivo quello di riconoscere, rispettare e trasformare in opportunità le diversità fra i lavoratori.

Il cambiamento organizzativo realizzato attraverso una scelta strategica proattiva della gestione delle diversità, che comporta il riconoscimento che le diversità fra le persone esistono, sono considerate un fattore rilevante e positivo ai fini aziendali, dunque occuparsi della loro gestione, rappresenta una fonte di opportunità; l’azienda decide quindi di introdurre o modificare interventi di gestione delle persone in modo da tener conto di tali diversità adottando un’ottica di medio-lungo periodo;

I problemi che l’azienda si trova ad affrontare quando sceglie la gestione consapevole delle diversità sono:

Aumento difficoltà di gestione dei rapporti dovuta all’eterogeneità nei gruppi

Resistenza al cambiamento culturale ed organizzativo

Problemi connessi all’integrazione di diversità culturali che comporta difficoltà a comprendere ed integrare aspetti culturali

Aumento delle difficoltà di comunicazione

I benefici riguardano:

riduzione di costi

aumento della competitività di impresa maggior flessibilità del lavoro e migliore capacità di problem-solving, una maggior creatività che favorisce la progettazione di nuovi prodotti e servizi ed agevola l’incremento delle vendite

miglioramento dei rapporti con i clienti– in quanto una forza lavoro diversa può rispecchiare le diversità presenti nei clienti

il miglioramento dell’immagine che permette di ottenere migliori risultati al livello delle vendite

In conclusione uno degli elementi chiave, per riuscire a ottenere gestione consapevole delle diversità è la scelta di un Diversity Management che è un particolare approccio proattivo gestionale che mette in atto un cambiamento culturale diffuso, progettando strumenti di gestione che consentano di accogliere le diversità riuscendo a creare un ambiente lavorativo in grado di favorire l’espressione del potenziale individuale e di utilizzarlo come leva strategica per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

per approfondire

comunicazione Formazione formazione formatori vendita
Formazione ai formatori: la scuola alberghiera si rinnova!

Si è appena conclusa la II° edizione tenutasi a Salso Maggiore, del nostro corso di aggiornamento COMUNICAZIONE E VENDITA per i docenti degli Istituti Alberghieri associati alla Re.Na.I.A. La prima data si è svolta a Jesolo, la prossima data invece, è prevista a Fiuggi il 2, 3 e 4 Marzo, a cui seguirà Paola.

 

L’obiettivo dell’intervento formativo è quello di fornire spunti di riflessione, strumenti e metodologie per affrontare le tematiche della comunicazione e della vendita con gli allievi, quindi fare FORMAZIONE ai FORMATORI.

 

CORSO SALSOMAGGIORE     FOTO SALSO MAGGIORE 2

 

L’approccio che proponiamo è quello di analizzare le diverse fasi che compongono la relazione cliente – personale di contatto e individuarne le competenze trasversali che intervengono e le modalità per conseguirle. In linea generale vengono esaminati questi tre momenti:

  • Primo – Accoglienza e orientamento al servizio

Creare consapevolezza e far riflettere sull’atteggiamento più efficace per accogliere il cliente con la necessaria disponibilità, tenuto conto che nei primi momenti di relazione si pongo le base per la successiva valutazione dell’intero servizio.

  • Secondo – Comunicazione e Relazione di vendita

La comunicazione con il cliente e la relazione di vendita sono due momenti di un unico processo dove possono essere applicati diversi stili comunicativi e tecniche al fine di cogliere in anticipo i bisogni del cliente, le sue preferenze formulando una proposta adeguata ed in linea con le aspettative.

  • Terzo – Affrontare le richieste del cliente

Saper rapportarsi in modo adeguato con il cliente, adottando un comportamento tale da conseguire la sua soddisfazione, fronteggiando situazioni e risolvendo problemi di diversa natura come il reclamo o la richiesta particolare che richiede capacità di problem solving e creatività.

Continueremo ad aggiornarvi sullo svolgimento delle prossime date.

Cambiamento Formazione formazione dipendenti industria Risorse umane
Industria 4.0…siete pronti al cambiamento?

Un nuovo vento di cambiamento soffia sui tetti dei capannoni industriali, riusciremo a coglierne le opportunità?

Che aspetto ha l’Industria 4.0?

La quarta rivoluzione industriale, viene “battezzata” con il nome di industria 4.0, in occasione della Fiera di Hannover del 2011 e non a caso è proprio questo Paese europeo il primo ad essersi attivato per sviluppare e testare nuove modalità produttive, attraverso la crescente integrazione di sistemi ciber-fisici nei processi industriali.

La nuova fabbrica digitale si caratterizzerà per:

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  • Il flusso di comunicazione interno, che sarà continuo e in tempo reale fra le postazioni di lavoro, integrando produzione e magazzino.
  • La facoltà di comunicare apporterà alla linea capacità autodiagnostica e permetterà il controllo a distanza della produzione.
  • La flessibilità dei sistemi permetterà di personalizzare i prodotti in funzione della domanda.
  • La fabbrica sarà smart anche nel senso di approvvigionarsi di energia in modo sobrio, senza sprechi e al minor costo possibile.

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C’è ancora spazio per l’uomo nell’industria 4.0 o le macchine prenderanno il sopravvento?

L’ uomo resterà al centro della tecnologia, ed è importantissimo che venga preparato per il mondo che sarà.

Questo richiede una grossa trasformazione e una grossa accelerazione.

La persona avrà il compito essenziale di controllare e correggere i parametri di produzione, oltre che donare l’apporto creativo. L’obiettivo dunque non è quello di lasciare le persone senza lavoro, bensì di fare in modo che siano più libere di dedicarsi a compiti creativi e avanzati.

Inoltre, con la digitalizzazione dei sistemi fisici, i lavoratori dovranno spendere meno tempo in un luogo di lavoro specifico e gestire l’azienda da remoto, via internet.

Le figure professionali saranno più importanti, più qualificate e quindi come tale anche meglio pagate.

L’industria 4.0 sarà una rivoluzione culturale fondata sull’ intelligenza delle persone, del lavoro e delle comunità. La conoscenza è ormai la principale forza produttiva, per questo l’industria ha bisogno di figure tecnico professionali di alta qualificazione, figure che hanno bisogno di essere formate per sfide ancora sconosciute.

Ma in azienda oggi, non ci sono solo gli operai e gli impiegati!

Infatti occorre enfatizzare la grande necessità di formazione a livello manageriale e suonare l’allarme perché moltissimi imprenditori e manager in Italia non si stanno ancora accorgendo di come mutano le condizioni al contorno e quindi come devono far cambiare le loro aziende.

Perché aspettare ancora…iniziamo a prepararci insieme per essere pronti a questa grande rivoluzione!

Cambiamenti Sostenibili Cambiamento Tutte le categorie
L'(in)sostenibile leggerezza di leggere

Siamo alle soglie del rito feriale.

Chi ha (ancora) un lavoro si appresta a sbrogliare le ultime cose, a controllare la check list dei preparativi, ad accendere ceri affinché non succedano gl’imprevisti dell’ultima ora, quelli capaci di mandare all’aria le agognate vacanze.

Credo che molti, ma non tutti, abbiano già pensato di infilare in valigia un libro (almeno), con la promessa, perfino, di leggerlo!

Per chi non avesse ancora idea di cosa leggere o per chi volesse sfidare se stesso facendo il bis di titoli, mi permetto di suggerire un volumetto di 385 pagine.

Si, lo so, sono molte, ma penso che il periodo di ferie metta a disposizione quel tempo e quella continuità che spesso manca nel periodo in cui si è assorbiti dal lavoro (sempre chi ce l’ha).

Poi, di queste 385, moltissime sono figure, tabelle statistiche; grafici! Volano via più facilmente…anche se alcune di queste possono provocare emozioni tali da indurre la chiusura del libro e aprire Topolino (lettura anch’essa altamente consigliata a tutti quei manager che tendono a prendersi sul serio, sempre)!

Il titolo di questa breve presentazione fa il verso al titolo del libro in questione, ma non si tratta di quello che potrebbe venirvi in mente, il celebre capolavoro di Kundera, nossignori.

Ha sì ha che fare con la sostenibilità ma è tutt’altro che leggero! Vedo già squagliarsi la schiera dei fin qui ancora potenziali lettori. Ma insisto.

Secondo indizio: alcuni di voi, i più attempati, coloro che appartengono alla mia generazione, avranno sentito parlare e probabilmente letto un saggio del 1972, intitolato “I limiti dello sviluppo” dai più etichettato e boicottato come testo terroristico, anticapitalistico, antesignano dei moderni teorici della decrescita (in)felice. E quindi dimenticato.

A distanza di 40 anni le tesi di quel saggio riemergono su basi scientifiche più forti e soprattutto basate su evidenze empiriche allora meno evidenti; tanto per fare un esempio, nel 1972 la popolazione mondiale assommava a circa 4 miliardi d’individui. Oggi è salita a 7,2 miliardi!! E potrebbe arrivare a 9 attorno al 2050. E allora?

Allora il libro di J.D. Sachs, L’era dello sviluppo sostenibile, Egea Editore, 2015 (27€ brochure, 17,99€ e-book), riprende ed amplia l’analisi (compiuta a più mani con esperti in ogni settore della vita sociale) dello stato del pianeta e, a differenza delle conclusioni cui giungevano gli esperti del Club di Roma negli anni ’70, ci aiuta a comprendere che le spade di Damocle sospese sul pianeta non sono ineluttabili.

L’ottimismo di fondo dell’autore, in verità, non mi ha contagiato fino in fondo.

Apprezzo il fatto che accanto ai problemi e ai drammi che si stanno consumando in molte parti del mondo, lui sottolinei le possibili vie di soluzione.

Adottando un approccio sistemico, sostiene che le tre grandi sfide che abbiamo di fronte:

– sviluppo economico (e non decrescita)

– inclusione sociale (pari opportunità, limiti alle disuguaglianze, crescita culturale, diritto alla salute)

– rispetto ambientale (nuove forme di energie, nuovi comportamenti etici, ecc)

possono essere vinte tutte assieme e non sacrificando l’una a scapito dell’altra.

Non svelerò le proposte che formula a sostegno della sua tesi perché altrimenti vi toglierei il gusto della scoperta. Come un thriller (ed in effetti lo è, altrimenti come potremmo catalogare un testo al cui fondo c’è in gioco la salvezza del pianeta con tutti i suoi passeggeri – animali e vegetali) il libro srotola pagina dopo pagina i tremendi effetti delle nostre fin qui assai poco assennate scelte.

Lo sviluppo economico tende infatti ad ampliare le disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra paesi economicamente evoluti e paesi sempre più marginali; l’inclusione sociale vede ad un estremo società dove le differenze di genere, razza, religione, censo, sono ridotte e all’altro estremo società castali, dove, per esempio, l’uscita dalla classe di provenienza è quasi impossibile; la situazione ambientale in certe regioni è di assoluto degrado; molte risorse tra cui l’acqua corrono seriamente il rischio di essere esaurite e non proseguo con l’elenco.

Ma, il nostro ottimista autore, consulente decennale dell’ONU, svela i piani per capovolgere i problemi in opportunità.

Arrivato al termine, dopo la suspence con cui ho assorbito tutte le pagine (inizialmente pensavo che ci avrei impiegato un tempo maggiore, ma certi capitoli venivano letteralmente divorati), sono giunto ad una mia personale pessimistica conclusione: ripensando e confrontando la recente vicenda della soluzione del caso greco con quanto suggerito dal dr. Sachs, trovo ancora poco probabile che laddove non si è riusciti ad accordare un pugno di nazioni (non posso dire l’Europa poiché non c’era!) su qualche centinaio di miliardi di euro, si riesca ad accordare l’intero contesto mondiale su problemi globali di portata economica, sociale ed ambientale sicuramente superiore.

Non riesco ad intravedere una capacità corale di superare l’egoismo nazionale per tirar fuori dal degrado, dalla povertà, dalla fame e dal sottosviluppo un paio di miliardi di persone cui assicurare non solo pranzo e cena ma, soprattutto (come principalmente sostiene l’autore): istruzione, salute, ambiente pulito e gradevole, per tutti!!!

Naturalmente questa mia amara considerazione non vuol essere di scoramento e distogliere voi potenziali lettori dalla sua conoscenza, anzi.

Anche se, pensando a molti manager, conosciuti e no, protesi a risultati trimestrali, non posso che avere conferme che, ancora una volta questo dottissimo testo farà la fine di quello di 40 anni fa: messo in disparte perché utopistico, realizzabile in tempi di Matusalemme, e soprattutto indicatore di paradigmi economico-sociali molto differenti da quelli che sventolano sotto la bandiera liberista!

Sarebbe un peccato e un deliberato sabotaggio di una concreta via di svolta: perché lì dentro ci sono suggerimenti e soluzioni concrete per il cambiamento che potrebbe salvare capra e cavoli. Ma questa capra potrebbe ancora una volta mangiare tutti i cavoli; tanto a morire saranno le capre future.

Per dirla in altro modo: chi ci libererà da Kronos in modo che i figli potranno continuare ad abitare il pianeta?

Umberto Porri

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La formazione dei lavoratori dipendenti per accrescere il benessere organizzativo!

Negli ultimi anni abbiamo visto centinaia di aziende chiudere e più di un milione di persone perdere il posto di lavoro.

Le conseguenze della crisi hanno agito sul mercato del lavoro non solo in termini di disoccupazione, ma colpendo anche coloro che sono riusciti a tenersi stretta la propria occupazione.

Lentamente stiamo cercando di ripartire, dunque è arrivato il momento di puntare i riflettori sul “motore aziendale”: le persone.

Un’ indagine condotta proprio quest’anno dall’ Ipsos ha deciso di esplorare cosa accade nell’universo delle risorse umane. L’indagine ha coinvolto 14 paesi europei con lo scopo di analizzare la percezione del benessere lavorativo e delle aspettative professionali dei lavoratori dipendenti.

Già dai primi risultati, il mercato del lavoro italiano è risultato il più immobile in Europa:

dunque i nostri collaboratori sono fedeli alle aziende?

La risposta è no! La staticità dipende dalla sfiducia nelle prospettive professionali al punto tale che, chi ha un’occupazione rinuncia, nel 66% dei casi, a ricercare attivamente un nuova posizione, a causa delle basse aspettative di ricollocamento.

Pensando al futuro, i lavoratori italiani si aggiudicano il terzo posto sul podio, per il pessimismo, subito dopo francesi e polacchi.

Dalla ricerca è emerso un bisogno sul quale riflettere:

il desiderio di una nuova organizzazione del lavoro e di una nuova cultura manageriale fondata su tre pilastri: maggiore delega, lavoro di squadra e propensione al rischio.

Per quanto concerne le iniziative e i servizi che rispecchiano le esigenze dei lavoratori, spicca un dato fondamentale:

l’86% dei dipendenti vede la formazione come l’elemento essenziale per sviluppare la competitività personale e aziendale.

Le persone che compongono l’azienda, sono consapevoli della necessità di sviluppare le proprie competenze al fine di orientare la propria carriera ed essere competitivi in un mercato del lavoro estremamente difficile.

Questa consapevolezza spesso contrasta con il pensiero dei datori di lavoro che scelgono di non formare i collaboratori perché se la persona decide di cambiare azienda, si perde il capitale investito.

I dati evidenziano una realtà ben diversa, le organizzazioni che investono in formazione del personale, traggono notevoli benefici in termini di produttività e motivano anche i propri dipendenti a rimanere in azienda.

formazione lavoratori dipendenti

Dunque, il primo passo per mantenere le proprie risorse e accrescere la produttività in azienda, è attivarsi per erogare una formazione che tenga realmente conto dei bisogni espressi dai lavoratori.

I dipendenti che compongono il mercato del lavoro italiano sono risorse preziose per la vita aziendale, sono sempre più consapevoli di ciò che strategicamente permette loro di investire nello sviluppo del proprio capitale intellettuale e professionale.

Se volete mantenere le risorse chiave della vostra azienda, se volete accrescere le competenze dei vostri collaboratori e vivere in un contesto socio economico in continuo cambiamento  consultate la nostra proposta.

per approfondire

Formazione formazione finanziata
Nuove possibilità: Investire e innovarsi attraverso la formazione gratuita.

Il capitale umano e le competenze costituiscono risorse chiavi di crescita e sviluppo economico, ma negli ultimi anni, a causa dell’incertezza sulle prospettive di breve termine, sono raddoppiate le imprese che hanno tagliato i fondi per la formazione.

In un contesto in cui regnano le “liste nere” di tutto ciò che prevede un investimento, come possiamo accrescere e promuovere lo sviluppo dell’azienda, se non si supportano coloro che ne rappresentano il “motore”?

Esistono alternative per continuare a beneficiare della formazione anche quando il contesto economico diventa incerto?

La formazione ha assunto un ruolo centrale per la vita aziendale e per le persone che ne fanno parte, le aziende, possono continuare ad usufruire della formazione “gratuitamente” grazie ai finanziamenti che i vari Fondi Interprofessionali mettono a disposizione dei propri iscritti!

Dunque anche in periodi instabili come quello che stiamo vivendo si può garantire alla propria azienda una buona continuità nella crescita del capitale umano!

Oggi il ventaglio di opportunità finanziabili è veramente vasto: si va dalla formazione tecnica a quella esperienziale, dai corsi tradizionali alla partecipazione ai grandi eventi di approfondimento.

Chi può iscriversi ai Fondi Interprofessionali e accedere ai finanziamenti?

Ogni impresa che abbia dipendenti, dirigenti compresi, può destinare a uno dei Fondi attualmente attivi lo 0.30% del contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria che versa all’Inps.

Noi di Cambiamenti Nelle Organizzazioni abbiamo scelto di garantire a tutte le aziende la possibilità di continuare a crescere ed innovarsi, gestiamo dal 1994 attività formative finanziate e siamo in grado di orientarvi verso il finanziamento più idoneo alle vostre esigenze tra vari i fondi, che rendono la formazione completamente “gratuita”.

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