Nei momenti di forte cambiamento la persona giusta FA il posto giusto!
Ha senso oggi parlare di selezione? Quali competenze cercare nei collaboratori? Cerchiamo l’uomo giusto per il posto giusto o la persona giusta capace di adattarlo e modificarlo in funzione delle necessità aziendali?
[dropcap style=”1″]S[/dropcap] crivere di un argomento che evoca la “selezione del personale” in un momento di crisi profonda di mercato come questo potrebbe sembrare provocatorio, della serie “ma non avete altro cui pensare?”
E invece sì, è proprio il momento. Proprio perché stiamo assistendo a numerosi episodi di riduzione del personale, richieste di CIG ordinarie e straordinarie, a uscite “spintanee” (oggi meno desiderate dopo l’incresciosa vicenda degli esodati) è il caso di fermarci a riflettere e far riflettere i vertici aziendali sulla potenziale bomba che siffatte decisioni possono innescare e sul conto pesantissimo che si troveranno a dover pagare certe aziende che hanno esagerato nei tempi e nei modi.
Nei tempi perché magari in certi casi si potevano mettere in atto altre scelte per ridurre i costi.
Ma soprattutto nei modi! “est modus in rebus” diceva Orazio. Saggio ed appropriato.
C’è sempre un modo migliore per fare le cose; specie quando si tratta di scelte che impattano sulla vita delle persone. Di quelle persone che sentiamo sempre definire “la risorsa principale dell’impresa”.
Peccato che poi finiscano in CIG o fuori.
[dropcap style=”1″]E[/dropcap] soprattutto peccato che si continuino a chiamare “risorse”, dal momento che tale termine definisce una quantità “energetica” destinata ad esaurimento. Certo anche le persone si esauriscono (anche psichicamente e/o fisicamente) ma, volendo, possono anche ricaricarsi, cosa che quasi tutte le altre “risorse” non riescono a fare!
E sempre a proposito di modi, con quali forme e tempi avvengono i commiati? Spesso l’ultimo giorno di contratto (se a tempo determinato), negli ultimi minuti, con semplice salutino verbale, magari neanche dal proprio capo diretto…con l’imbarazzo di chi sa di non essere per nulla cortese e completamente umano.
Una formula degli psicologi dice che “i sentimenti si ricambiano”: bene, come volete che prendano la cosa le “risorse umane” dopo tali trattamenti? Pensate che parleranno bene in giro? Pensate che, se richiamate, correranno motivate? Magari correranno, in mancanza di meglio, ma l’approccio non sarà dei migliori.
Non vogliamo certo negare che la crisi possa portare anche a prendere decisioni forti e traumatiche come quella della riduzione del personale ma almeno occorrerebbe gettare le basi per il rientro auspicato di quelle persone che potrebbero dare ancora un contributo positivo. Altrimenti non si capisce perché fossero “dentro” prima della crisi. A meno che non si sia trattato di un processo di selezione sbagliato; capita!
E allora riparliamo di “selezione” anche se sembra il momento meno adatto.
[dropcap style=”1″]S[/dropcap]e le aziende devono divenire comunque più “snelle” non in ossequio a mode dietetiche, ma per ragioni di costo-efficienza, ciò non significa necessariamente che l’organico non possa crescere. Anzi, la ricetta per sopravvivere in un mercato globale ha definitivamente affossato la formula “piccolo è bello”. Il nostro sistema industriale o quello che ne resterà dovrà aumentare la taglia media delle proprie imprese; meno ma più grandi.
E assumere tornerà ad essere una sfida, spesso sottovalutata.
Da qualche decennio mi occupo di questa cosa e continuo a lottare contro improvvisati selezionatori, spesso imprenditori e dirigenti che si ritengono grandi conoscitori di uomini e che sbrigano i colloqui con incontri di qualche decina di minuti, tanto si vede subito se uno sa o non sa…
Il fatto è che si valuta guardando il passato, come se si guidasse l’auto con l’occhio al retrovisore!
Perché la questione di fondo della selezione per il futuro prossimo è trovare persone che possano contribuire allo sviluppo in un mercato in continuo e rapido mutamento. Per tornare alla metafora automobilistica, guidare un’auto in assenza di una strada vera, spesso seguendo un esile traccia, poco più di un sentiero, una linea sul terreno, senza sapere se a lato vi siano buche profonde, sassi coperti, fango insidioso. Per questo genere di guida servono occhi lunghi, intuito, riflessi prontissimi di braccia e piedi. Occorre saper capire se di fronte si ha un autista da autostrada o uno da fuoristrada. Fuor di metafora, sono le COMPETENZE POTENZIALI quelle decisamente interessanti per le nuove risorse. E per le “vecchie”. Perché la selezione non riguarda solo il caso di nuove assunzione, ma comprende in modo ancor più importante ed urgente, chi è attualmente dentro al nostra azienda. Coloro che stanno guidando la propria vettura-ruolo. Sono queste le persone cui spetta già oggi guidare fuori-strada, fuori, in quel mercato impazzito, in cui la rotta è scomparsa dallo schermo e si va a vista.
Per questa situazione, ormai generalizzata in tutti i settori, le imprese dovrebbero capire che servono persone cui lasciare autonomia e responsabilità ampie!
E, quindi, fiducia.
[dropcap style=”1″]I[/dropcap]l fatto è che, in mancanza di un sistema scolastico ed educativo solido e di una struttura formativa adeguata e permanente in azienda, risulta difficile e spesso non raccomandabile adottare la politica delle briglie sciolte. Il discorso sembra avvitarsi su se stesso: scarsa formazione, scarsa fiducia, quindi scarsa delega, quindi scarsa formazione perché inutile investire su cavalli zoppi e il loop prosegue fino alla decisione fatale di provvedere all’uscita della persona. E avanti un altro probabilmente destinato allo stesso destino…a meno che, se smaliziato, non provveda egli stesso a smarcarsi prima di essere stato spremuto per benino.
Quindi una politica di gestione del personale virtuosa ed adeguata alla situazione complessa dei mercati globale, deve poggiare sui due pilastri della mappatura delle competenze e della formazione necessaria per rendere effettive le competenze, specie quelle ancora poco presenti o mancanti.
[dropcap style=”1″]D[/dropcap]opo sarà saggio lasciare che le persone possano “fare il proprio posto di lavoro giusto” cioè consentire che possano, da un lato, avere autonomia per decidere su gran parte delle questioni che transitano per il suo posto di lavoro e, dall’altro, che utilizzino il senso di responsabilità anche in forma partecipativa, cioè che mettano a disposizione dei colleghi le informazioni e le altre questioni di cui sia a conoscenza. In altre parole, che possa reagire più rapidamente alle situazioni grazie ad una formazione e ad una attitudine ad affrontare i problemi contemporaneamente ad un senso della collegialità e al lavoro di gruppo (non la riunionite!).
Sono questi i talenti da individuare all’interno e, all’occorrenza della crescita dimensionale, all’esterno dell’azienda.