La sostenibilità aziendale richiede un nuovo modello d’impresa basato su un diverso modo di gestire il lavoro.
[dropcap style=”1″]S[/dropcap]e intendiamo la sostenibilità in senso ampio e cioè come capacità dell’azienda di sopravvivere ed avere successo in un ambiente competitivo e dinamico, capiamo bene che competere attraverso la sostenibilità significhi:
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- garantire una dimensione di medio-lungo termine attraverso la capacità di innovare che tenga conto di minori risorse e di un ruolo nuovo di protagonista e non di spettatore, rispetto alle vicende del pianeta;
- adattarsi al cambiamento come condizione costitutiva e non come accadimento sporadico;
- orientare le proprie risorse, economiche, materiali, finanziare e umane in un’ottica di creazione di valore condiviso: per il cliente, per l’ambiente, per i dipendenti, per la comunità…
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Pensare la sostenibilità come riduzione degli sprechi e diversificazione delle fonti di energia rappresenta una visione riduttiva della sostenibilità, molto diffusa, ma che finisce con lo svuotare di senso un passaggio chiave. Una visione che non permette di realizzare un sostanziale cambiamento nell’agire economico, pur essendo indiscutibilmente una via “facile”, per ridurre i costi ed essere un po’ meno dannosi.
La sostenibilità aziendale, secondo la nostra visione, trova senso solo in un modo più articolato e diverso di concepire la strategia, l’organizzazione e la gestione. Insomma nel concepire un nuovo modello di impresa.
E in questo senso è una strada che passa tramite le persone, attraverso:
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- chi sceglie di orientare la sua azienda secondo criteri non di profitto a breve ma di sviluppo a medio-lungo termine (con tutte le implicazioni richieste da tale scelta),
- attraverso chi declina l’essere sostenibile nei diversi ambiti e nelle molteplici risposte alle problematiche che l’azienda deve gestire (finanziario, logistico, produttivo, commerciale)
- attraverso chi la attua nell’operatività quotidiana (dal modo di rispondere ai bisogni dei clienti, al modo di gestire i rapporti con i fornitori).
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Questo perché la sostenibilità non è faccenda dell’ufficio comunicazione, né del reparto di produzione, ma dovrebbe essere l’orientamento di fondo dell’azienda, intesa come organizzazione di persone. E senza persone capaci di trasferire nella propria cultura aziendale i nuovi orizzonti a cui l’idea di sostenibilità è collegata, di articolare soluzioni che tengano conto della propria storia ma la innovino dall’interno, di promuovere, realizzare e monitorare piccoli cambiamenti, attuare il cambiamento in chiave sostenibile rischia di ridursi ad un imbellettamento a fini pubblicitari, senza che siano messi in atto gli strumenti giusti per stare sul mercato con la capacità di traghettare una storia aziendale verso il futuro. E ciò, alimentando il fuoco dello scetticismo di quanti considerano l’agire sostenibile di molte aziende come una nuova ma inutile bolla, che in realtà scoppierà senza lasciare tracce.
[dropcap style=”1″]P[/dropcap]er essere fattore efficace e reale di differenziazione rispetto alla concorrenza, la sostenibilità deve invece divenire pratica vissuta e gestita a tutti i livelli (proprietario, manageriale, operativo) e da tutti, il che richiede conoscenze e competenze nuove, da quelle di tipo strategico (tenere conto per esempio dell’aspetto ambientale non come accidente secondario, ma come fatto determinante nella definizione del prodotto, del processo di produzione, vendita e utilizzo da parte del cliente) a quelle manageriali che devono orientare alla realizzazione di quella strategia, a quelle tipo tecnico (uso diverso dei materiali, ottimizzazione del ciclo di vita del prodotto), fino ad arrivare ad un modo nuovo di gestire il lavoro, su base collaborativa e di responsabilità diffusa.
[dropcap style=”1″]S[/dropcap]ignifica formare ad un uso consapevole e perciò attento delle risorse che si utilizzano (di tutte), trovare soluzioni nuove a problemi nuovi, apprendere nuove modalità e strumenti di coinvolgimento e di responsabilizzazione dei collaboratori e dei dipendenti.
Quello che ci stanno dicendo alcune delle tendenze in atto è che in un’economia come quella che si prefigura all’orizzonte, l’azienda non potrà che camminare sulle gambe del proprio capitale umano. Ciò inevitabilmente richiederà un cambio di cultura generale interna all’azienda e un cambio di prospettiva nella gestione delle persone che da fattore da amministrare dovranno diventare fattore da sviluppare. Ma questo non solo a vantaggio del singolo lavoratore ma per una prospettiva di futuro per l’azienda.