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ALLA RICERCA DI NUOVE COMPETENZE: LE COMPETENZE DIGITALI

La Trasformazione Digitale impone ai mercati e alle società di adeguarsi, innescando processi virtuosi di Innovazione. Per farlo occorrono le giuste competenze, che nel nostro Paese in parte ancora mancano, sia per l’assenza di una strategia di lungo periodo che coinvolga aziende e sistema formativo, sia per un divario digitale ancora radicalmente diffuso.

 

In Italia gli investimenti nelle tecnologie digitali sono molto più bassi non solo rispetto ad economie di punta (USA, Asia) ma anche rispetto ai principali paesi europei; questo ritardo è in primo luogo infrastrutturale: si pensi alla quota della popolazione con connessione a banda larga che, in Italia, è nettamente inferiore a quella dei principali paesi europei, ma è ridotta anche l’ampiezza effettiva della banda erogata. In secondo luogo, il ritardo è un ritardo culturale. Sono diversi gli indicatori che mostrano un ritardo della formazione scolastica e professionale, incapace di sviluppare competenze adeguate ad una nuova domanda di lavoro.

 

Negli ultimi anni è comunque evidente, anche nel nostro paese, un aumento della sensibilità sia in ambito pubblico che privato, verso il tema dell’innovazione o, in termini più specifici, verso la diffusione di applicazioni digitali che consentano innovazioni di processo e/o di prodotto.

 

Le competenze digitali, non riguardano gli aspetti tecnici ma la complessità inerente alla valutazione di quale tecnologia acquisire, dove e come introdurla e come misurarne i risultati. La mancanza di queste competenze, spesso, riguarda il management che non dispone di quelle capacità e conoscenze necessarie a comprendere le opportunità offerte dall’innovazione digitale o le complessità dei processi di cambiamento.

 

Munirsi delle competenze digitali necessarie per rispondere a fabbisogni in continuo divenire è dunque un requisito essenziale per le organizzazioni:

 

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  • per poter attuare strategie che possono (e devono) avere ricadute concrete sui processi di business e sulle performance aziendali;
  • per promuovere una cultura dell’innovazione e stimolare un ambiente collaborativo che abbia lo scopo di capitalizzare la conoscenza;
  • per essere maggiormente efficaci nell’attrarre e nel trattenere risorse, talenti e clienti;
  • per riconoscere i catalizzatori che possono determinare il successo dei processi dei trasformazione digitale, così come gli inibitori;
  • per calcolare costi e benefici; per utilizzare in maniera proficua i Big Data e i Social Analytics.

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La fase di trasformazione digitale che si apre ora non riguarda più esclusivamente macchine da comprare o software da installare, ma competenze da arricchire.

 

Sicuramente una fase più faticosa e complessa perché riguarda  le parti vitali delle organizzazioni: il ridisegnare i processi produttivi, le strutture, le mansioni. Una trasformazione che richiede al management di avere capacità di visione, di capire dove e come le tecnologie modificano i modi di lavorare, di misurare i ritorni, gli impatti, i benefici e i rischi.

 

E voi? Avete sviluppato le competenze digitali?

 

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Gestione consapevole delle diversità

Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi.
(Charles Evans Hughes)

Il concetto di diversità impregna ogni ambito della vita, basta guardarsi intorno per rendersi conto, che siamo tutti coinvolti in un sistema che fa leva sulle diversità.

Che si tratti di diversità di genere, di orientamento religioso, generazionale, di appartenenza etnica, di orientamento sessuale, di abilità psico-fisiche, di competenze, di ruolo, ecc. la diversità si manifesta negli stili di lavoro e nelle diverse esigenze delle persone.

Eppure, le aziende italiane sembrano indifferenti di fronte al tema delle diversità.

La gestione delle diversità rappresenta una vera a propria sfida strategica, attuale e futura, che occorre capire e comprendere per poterla gestire.

Le persone all’interno dell’azienda, sono fra loro diverse, sono caratterizzate da una molteplicità di fattori che, in parte le accomunano ed in parte le differenziano, attuare una gestione efficiente ed efficace del personale richiede scelte organizzative che valorizzino la diversità, si tratta di passare dalla “gestione del personale” alla “gestione consapevole delle diversità delle persone”.

Cosa implica questo cambiamento? Quali sono i problemi che bisogna affrontare e quali i benefici che si possono trarre?

Per attuare una gestione consapevole della diversità, sono necessari due cambiamenti:

Il cambiamento culturale che ha come obiettivo quello di riconoscere, rispettare e trasformare in opportunità le diversità fra i lavoratori.

Il cambiamento organizzativo realizzato attraverso una scelta strategica proattiva della gestione delle diversità, che comporta il riconoscimento che le diversità fra le persone esistono, sono considerate un fattore rilevante e positivo ai fini aziendali, dunque occuparsi della loro gestione, rappresenta una fonte di opportunità; l’azienda decide quindi di introdurre o modificare interventi di gestione delle persone in modo da tener conto di tali diversità adottando un’ottica di medio-lungo periodo;

I problemi che l’azienda si trova ad affrontare quando sceglie la gestione consapevole delle diversità sono:

Aumento difficoltà di gestione dei rapporti dovuta all’eterogeneità nei gruppi

Resistenza al cambiamento culturale ed organizzativo

Problemi connessi all’integrazione di diversità culturali che comporta difficoltà a comprendere ed integrare aspetti culturali

Aumento delle difficoltà di comunicazione

I benefici riguardano:

riduzione di costi

aumento della competitività di impresa maggior flessibilità del lavoro e migliore capacità di problem-solving, una maggior creatività che favorisce la progettazione di nuovi prodotti e servizi ed agevola l’incremento delle vendite

miglioramento dei rapporti con i clienti– in quanto una forza lavoro diversa può rispecchiare le diversità presenti nei clienti

il miglioramento dell’immagine che permette di ottenere migliori risultati al livello delle vendite

In conclusione uno degli elementi chiave, per riuscire a ottenere gestione consapevole delle diversità è la scelta di un Diversity Management che è un particolare approccio proattivo gestionale che mette in atto un cambiamento culturale diffuso, progettando strumenti di gestione che consentano di accogliere le diversità riuscendo a creare un ambiente lavorativo in grado di favorire l’espressione del potenziale individuale e di utilizzarlo come leva strategica per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

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Formazione ai formatori: la scuola alberghiera si rinnova!

Si è appena conclusa la II° edizione tenutasi a Salso Maggiore, del nostro corso di aggiornamento COMUNICAZIONE E VENDITA per i docenti degli Istituti Alberghieri associati alla Re.Na.I.A. La prima data si è svolta a Jesolo, la prossima data invece, è prevista a Fiuggi il 2, 3 e 4 Marzo, a cui seguirà Paola.

 

L’obiettivo dell’intervento formativo è quello di fornire spunti di riflessione, strumenti e metodologie per affrontare le tematiche della comunicazione e della vendita con gli allievi, quindi fare FORMAZIONE ai FORMATORI.

 

CORSO SALSOMAGGIORE     FOTO SALSO MAGGIORE 2

 

L’approccio che proponiamo è quello di analizzare le diverse fasi che compongono la relazione cliente – personale di contatto e individuarne le competenze trasversali che intervengono e le modalità per conseguirle. In linea generale vengono esaminati questi tre momenti:

  • Primo – Accoglienza e orientamento al servizio

Creare consapevolezza e far riflettere sull’atteggiamento più efficace per accogliere il cliente con la necessaria disponibilità, tenuto conto che nei primi momenti di relazione si pongo le base per la successiva valutazione dell’intero servizio.

  • Secondo – Comunicazione e Relazione di vendita

La comunicazione con il cliente e la relazione di vendita sono due momenti di un unico processo dove possono essere applicati diversi stili comunicativi e tecniche al fine di cogliere in anticipo i bisogni del cliente, le sue preferenze formulando una proposta adeguata ed in linea con le aspettative.

  • Terzo – Affrontare le richieste del cliente

Saper rapportarsi in modo adeguato con il cliente, adottando un comportamento tale da conseguire la sua soddisfazione, fronteggiando situazioni e risolvendo problemi di diversa natura come il reclamo o la richiesta particolare che richiede capacità di problem solving e creatività.

Continueremo ad aggiornarvi sullo svolgimento delle prossime date.

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Industria 4.0…siete pronti al cambiamento?

Un nuovo vento di cambiamento soffia sui tetti dei capannoni industriali, riusciremo a coglierne le opportunità?

Che aspetto ha l’Industria 4.0?

La quarta rivoluzione industriale, viene “battezzata” con il nome di industria 4.0, in occasione della Fiera di Hannover del 2011 e non a caso è proprio questo Paese europeo il primo ad essersi attivato per sviluppare e testare nuove modalità produttive, attraverso la crescente integrazione di sistemi ciber-fisici nei processi industriali.

La nuova fabbrica digitale si caratterizzerà per:

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  • Il flusso di comunicazione interno, che sarà continuo e in tempo reale fra le postazioni di lavoro, integrando produzione e magazzino.
  • La facoltà di comunicare apporterà alla linea capacità autodiagnostica e permetterà il controllo a distanza della produzione.
  • La flessibilità dei sistemi permetterà di personalizzare i prodotti in funzione della domanda.
  • La fabbrica sarà smart anche nel senso di approvvigionarsi di energia in modo sobrio, senza sprechi e al minor costo possibile.

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C’è ancora spazio per l’uomo nell’industria 4.0 o le macchine prenderanno il sopravvento?

L’ uomo resterà al centro della tecnologia, ed è importantissimo che venga preparato per il mondo che sarà.

Questo richiede una grossa trasformazione e una grossa accelerazione.

La persona avrà il compito essenziale di controllare e correggere i parametri di produzione, oltre che donare l’apporto creativo. L’obiettivo dunque non è quello di lasciare le persone senza lavoro, bensì di fare in modo che siano più libere di dedicarsi a compiti creativi e avanzati.

Inoltre, con la digitalizzazione dei sistemi fisici, i lavoratori dovranno spendere meno tempo in un luogo di lavoro specifico e gestire l’azienda da remoto, via internet.

Le figure professionali saranno più importanti, più qualificate e quindi come tale anche meglio pagate.

L’industria 4.0 sarà una rivoluzione culturale fondata sull’ intelligenza delle persone, del lavoro e delle comunità. La conoscenza è ormai la principale forza produttiva, per questo l’industria ha bisogno di figure tecnico professionali di alta qualificazione, figure che hanno bisogno di essere formate per sfide ancora sconosciute.

Ma in azienda oggi, non ci sono solo gli operai e gli impiegati!

Infatti occorre enfatizzare la grande necessità di formazione a livello manageriale e suonare l’allarme perché moltissimi imprenditori e manager in Italia non si stanno ancora accorgendo di come mutano le condizioni al contorno e quindi come devono far cambiare le loro aziende.

Perché aspettare ancora…iniziamo a prepararci insieme per essere pronti a questa grande rivoluzione!

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La formazione dei lavoratori dipendenti per accrescere il benessere organizzativo!

Negli ultimi anni abbiamo visto centinaia di aziende chiudere e più di un milione di persone perdere il posto di lavoro.

Le conseguenze della crisi hanno agito sul mercato del lavoro non solo in termini di disoccupazione, ma colpendo anche coloro che sono riusciti a tenersi stretta la propria occupazione.

Lentamente stiamo cercando di ripartire, dunque è arrivato il momento di puntare i riflettori sul “motore aziendale”: le persone.

Un’ indagine condotta proprio quest’anno dall’ Ipsos ha deciso di esplorare cosa accade nell’universo delle risorse umane. L’indagine ha coinvolto 14 paesi europei con lo scopo di analizzare la percezione del benessere lavorativo e delle aspettative professionali dei lavoratori dipendenti.

Già dai primi risultati, il mercato del lavoro italiano è risultato il più immobile in Europa:

dunque i nostri collaboratori sono fedeli alle aziende?

La risposta è no! La staticità dipende dalla sfiducia nelle prospettive professionali al punto tale che, chi ha un’occupazione rinuncia, nel 66% dei casi, a ricercare attivamente un nuova posizione, a causa delle basse aspettative di ricollocamento.

Pensando al futuro, i lavoratori italiani si aggiudicano il terzo posto sul podio, per il pessimismo, subito dopo francesi e polacchi.

Dalla ricerca è emerso un bisogno sul quale riflettere:

il desiderio di una nuova organizzazione del lavoro e di una nuova cultura manageriale fondata su tre pilastri: maggiore delega, lavoro di squadra e propensione al rischio.

Per quanto concerne le iniziative e i servizi che rispecchiano le esigenze dei lavoratori, spicca un dato fondamentale:

l’86% dei dipendenti vede la formazione come l’elemento essenziale per sviluppare la competitività personale e aziendale.

Le persone che compongono l’azienda, sono consapevoli della necessità di sviluppare le proprie competenze al fine di orientare la propria carriera ed essere competitivi in un mercato del lavoro estremamente difficile.

Questa consapevolezza spesso contrasta con il pensiero dei datori di lavoro che scelgono di non formare i collaboratori perché se la persona decide di cambiare azienda, si perde il capitale investito.

I dati evidenziano una realtà ben diversa, le organizzazioni che investono in formazione del personale, traggono notevoli benefici in termini di produttività e motivano anche i propri dipendenti a rimanere in azienda.

formazione lavoratori dipendenti

Dunque, il primo passo per mantenere le proprie risorse e accrescere la produttività in azienda, è attivarsi per erogare una formazione che tenga realmente conto dei bisogni espressi dai lavoratori.

I dipendenti che compongono il mercato del lavoro italiano sono risorse preziose per la vita aziendale, sono sempre più consapevoli di ciò che strategicamente permette loro di investire nello sviluppo del proprio capitale intellettuale e professionale.

Se volete mantenere le risorse chiave della vostra azienda, se volete accrescere le competenze dei vostri collaboratori e vivere in un contesto socio economico in continuo cambiamento  consultate la nostra proposta.

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Alla ricerca della “sicurezza” nel futuro lavorativo

“Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti” – Winston Churchill

Da più di vent’anni cooperiamo con le organizzazioni e le persone, per gestire il cambiamento, già allora, avevamo compreso che il mondo, e soprattutto quello del lavoro, sarebbe stato segnato da rapide svolte e continue evoluzioni, eppure uno dei bisogni rimasto invariato è il bisogno di sicurezza e stabilità lavorativa.

Siamo nell’era in cui tutto ciò che oggi è innovativo domani diventa obsoleto, in cui non ci possiamo permettere di rimanere fossilizzati su valori, competenze e conoscenze che possediamo, ma dobbiamo continuare ad aggiornarli, accrescerli e innovarli, in questi anni abbiamo avuto la conferma che anche i contratti lavorativi ormai tendono alla flessibilizzazione delle collaborazioni.

Questo clima ha incrementato paure, ansie e forti preoccupazioni per il futuro!

Eppure in tutto questo fermento, una riflessione, proviene dall’etimologia del termine preoccupazione, che deriva dal latino e significa: occuparsi prima.

Dunque pensando al futuro, come possiamo gestire anticipatamente, qualcosa che deve ancora avvenire?

Questa domanda, non vuole alleggerire gli animi, ma sottolineare che, utilizzare le risorse nella ricerca di un lavoro che garantirà stabilità e sicurezza, per tutto l’arco della vita professionale, è un impegno che non dà risultati.

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  • Cosa possiamo fare allora di fronte all’incertezza?
  • Quali sono le strade da seguire per uscire dalla condizione di naufraghi alla deriva?

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Il primo passo è scegliere d’investire le energie in attività che aiutino a fare chiarezza, che diano una panoramica sulle competenze che si possiedono, e su quelle da sviluppare, che orientino la persona sulla costruzione dell’imbarcazione più adeguata, per navigare nel mare dell’incertezza, con questo obiettivo nasce JOB SURVIVOR!

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Tirocinio formativo:esperienza costruttiva o perdita di tempo?

Digitando su un motore di ricerca la parola tirocinio formativo si trovano centinaia di definizioni, che spiegano cos’è, quali sono le norme che lo regolano e quali sono gli obiettivi per i quali viene proposto.

Nessuno però parla di quali sono i benefici che l’esperienza offre e come dovrebbe svolgersi.

L’azienda che decide di accogliere un tirocinante ha la possibilità d’inserire una persona con alle spalle percorsi di studi e/o esperienze lavorative, che vuole accrescere le sue competenze e misurarsi in un nuovo contesto lavorativo. La sua presenza, oltre a non gravare sul bilancio, va vissuta come un momento d’incontro durante il quale, l’azienda conosce e si confronta con la persona su idee e valori, si mettono in comune risorse e competenze con il fine di poter costruire un rapporto che possa avere un proseguo.

Un tirocinante può dunque trasformarsi in una risorsa, ma l’azienda non deve cadere nell’errore di strumentalizzare la sua presenza per supplire carenze di personale, o “utilizzarla” per svolgere compiti che altri non vogliono eseguire.

Il tirocinante ha delle mansioni prima ancora di essere inserito in azienda, il suo ruolo è sperimentare le competenze acquisite, rafforzandole attraverso l’esperienza sul campo.

  • Eppure oggi le cose sono molto diverse da quanto sopra descritto, alcune aziende non sono interessate ad accogliere tirocinanti perché ai loro occhi, sono un impegno che va a gravare sulle giornate piene d’attività; quelle che invece decidono di farlo vedono nel tirocinante la possibilità di personale a costo zero, innalzano le aspettative sulle mansioni che la persona dovrebbe saper svolgere, eliminando la dimensione formativa, che è lo scopo principale del tirocinio.

Qualche parola però va spesa anche per coloro che intendono intraprendere un percorso di tirocinio formativo, durante il quale bisogna mettere a disposizione le proprie competenze, portando valore aggiunto presso le aziende che aderiscono all’iniziativa.

E’ vero che i tirocini vengono fatti con precise finalità, ma è anche vero che:

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  • se questa esperienza viene vissuta come un modo per impiegare il tempo,
  • se si costruiscono alibi per non dare la massima disponibilità alle aziende,
  • se viene visto come un periodo durante il quale il pensiero costante è rivolto a procacciarsi una forma contrattuale

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l’esperienza perde la sua funzione diventando la conferma dei pregiudizi di coloro che non vogliono mettersi in gioco.

Ci auguriamo che le nostre riflessioni, che volutamente hanno tirato in causa i protagonisti del tirocinio, (aziende e persone), possano contribuire a sviluppare questo percorso come una grande opportunità di crescita reciproca e che l’aspetto formativo sia la base di supporto di per lo svolgimento di ogni esperienza.

Per informazioni sulle prossime iniziative contattateci.

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