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L’ignoranza “strategica”

“Se pensi che l’istruzione sia costosa, prova l’ignoranza”

Derek Bok, Harvard University

Nell’autunno del 2013 sono stati presentati i dati di dei risultati del Rapporto realizzato dall’Isfol – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori.

La ricerca, promossa dall’Ocse, ha esaminato 24 paesi, al fine di condurre un’analisi sul livello di competenze fondamentali della popolazione.

Il campione preso in esame, aveva un’età compresa fra i 16 e i 65 anni. I risultati emersi, sono stati sconvolgenti, noi Italiani ci siamo collocati all’ultimo posto in classifica!

Il caotico contesto economico degli ultimi anni, ha comportato scelte aziendali mirate alla riduzione dei costi.

Oltre ai tagli di personale, sono stati eliminati i fondi da investire nella formazione. Dunque le aziende hanno dovuto rinunciare ad una parte di quelle che oggi vengono definite “risorse umane” e alla possibilità di crescita e sviluppo dei pochi superstiti.

Eppure nelle aziende, è forte il bisogno di:                                                                              1

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  • Conservare le quote di mercato
  • Rafforzare la posizione competitiva e migliorare i livelli di produttività
  • Abbassare il costo del lavoro
  • Accrescere l’innovazione
  • Conservare la fiducia di clienti, banche e fornitori
  • Investire in programmi di ricerca e sviluppo e aprirsi all’internazionalizzazione.[/list]

    “Qual è il grande pericolo della situazione attuale?”

    “L’ ignoranza ancor più della miseria” diceva il saggio Victor Hugo nel suo discorso alla camera del 10 Novembre 1848.

    Da allora sono passati 167 anni, eppure la storia sembra non averci insegnato un bel niente!

    Come si può essere competitivi e innovativi se non s’investe nello sviluppo e nella conoscenza?

    Le aziende italiane come possono conservare la loro fetta di mercato e pensare di accrescerla, se scelgono di sopravvivere?

    Vivere nella società moderna, richiede una serie di competenze molto diverse da quelle con cui potevamo barcamenarci vent’anni fa.

    Dopo il periodo di crisi da cui cerchiamo di venire fuori, dovrebbe essere scontata l’importanza strategica della formazione e dell’aggiornamento professionale, pensando, a ciò che essa consente di realizzare in termini di sviluppo, crescita delle competenze, di miglioramento della qualità comunicativa e del clima aziendale, di incremento di motivazione e coinvolgimento del personale e di innalzamento dei livelli di efficienza e produttività.

Siamo di fronte ad un bivio, voi cosa scegliete:

l’ignoranza strategica o investire per lo sviluppo delle competenze e dell’innovazione?

per approfondire

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Alla ricerca della “sicurezza” nel futuro lavorativo

“Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti” – Winston Churchill

Da più di vent’anni cooperiamo con le organizzazioni e le persone, per gestire il cambiamento, già allora, avevamo compreso che il mondo, e soprattutto quello del lavoro, sarebbe stato segnato da rapide svolte e continue evoluzioni, eppure uno dei bisogni rimasto invariato è il bisogno di sicurezza e stabilità lavorativa.

Siamo nell’era in cui tutto ciò che oggi è innovativo domani diventa obsoleto, in cui non ci possiamo permettere di rimanere fossilizzati su valori, competenze e conoscenze che possediamo, ma dobbiamo continuare ad aggiornarli, accrescerli e innovarli, in questi anni abbiamo avuto la conferma che anche i contratti lavorativi ormai tendono alla flessibilizzazione delle collaborazioni.

Questo clima ha incrementato paure, ansie e forti preoccupazioni per il futuro!

Eppure in tutto questo fermento, una riflessione, proviene dall’etimologia del termine preoccupazione, che deriva dal latino e significa: occuparsi prima.

Dunque pensando al futuro, come possiamo gestire anticipatamente, qualcosa che deve ancora avvenire?

Questa domanda, non vuole alleggerire gli animi, ma sottolineare che, utilizzare le risorse nella ricerca di un lavoro che garantirà stabilità e sicurezza, per tutto l’arco della vita professionale, è un impegno che non dà risultati.

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  • Cosa possiamo fare allora di fronte all’incertezza?
  • Quali sono le strade da seguire per uscire dalla condizione di naufraghi alla deriva?

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Il primo passo è scegliere d’investire le energie in attività che aiutino a fare chiarezza, che diano una panoramica sulle competenze che si possiedono, e su quelle da sviluppare, che orientino la persona sulla costruzione dell’imbarcazione più adeguata, per navigare nel mare dell’incertezza, con questo obiettivo nasce JOB SURVIVOR!

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Tirocinio formativo:esperienza costruttiva o perdita di tempo?

Digitando su un motore di ricerca la parola tirocinio formativo si trovano centinaia di definizioni, che spiegano cos’è, quali sono le norme che lo regolano e quali sono gli obiettivi per i quali viene proposto.

Nessuno però parla di quali sono i benefici che l’esperienza offre e come dovrebbe svolgersi.

L’azienda che decide di accogliere un tirocinante ha la possibilità d’inserire una persona con alle spalle percorsi di studi e/o esperienze lavorative, che vuole accrescere le sue competenze e misurarsi in un nuovo contesto lavorativo. La sua presenza, oltre a non gravare sul bilancio, va vissuta come un momento d’incontro durante il quale, l’azienda conosce e si confronta con la persona su idee e valori, si mettono in comune risorse e competenze con il fine di poter costruire un rapporto che possa avere un proseguo.

Un tirocinante può dunque trasformarsi in una risorsa, ma l’azienda non deve cadere nell’errore di strumentalizzare la sua presenza per supplire carenze di personale, o “utilizzarla” per svolgere compiti che altri non vogliono eseguire.

Il tirocinante ha delle mansioni prima ancora di essere inserito in azienda, il suo ruolo è sperimentare le competenze acquisite, rafforzandole attraverso l’esperienza sul campo.

  • Eppure oggi le cose sono molto diverse da quanto sopra descritto, alcune aziende non sono interessate ad accogliere tirocinanti perché ai loro occhi, sono un impegno che va a gravare sulle giornate piene d’attività; quelle che invece decidono di farlo vedono nel tirocinante la possibilità di personale a costo zero, innalzano le aspettative sulle mansioni che la persona dovrebbe saper svolgere, eliminando la dimensione formativa, che è lo scopo principale del tirocinio.

Qualche parola però va spesa anche per coloro che intendono intraprendere un percorso di tirocinio formativo, durante il quale bisogna mettere a disposizione le proprie competenze, portando valore aggiunto presso le aziende che aderiscono all’iniziativa.

E’ vero che i tirocini vengono fatti con precise finalità, ma è anche vero che:

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  • se questa esperienza viene vissuta come un modo per impiegare il tempo,
  • se si costruiscono alibi per non dare la massima disponibilità alle aziende,
  • se viene visto come un periodo durante il quale il pensiero costante è rivolto a procacciarsi una forma contrattuale

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l’esperienza perde la sua funzione diventando la conferma dei pregiudizi di coloro che non vogliono mettersi in gioco.

Ci auguriamo che le nostre riflessioni, che volutamente hanno tirato in causa i protagonisti del tirocinio, (aziende e persone), possano contribuire a sviluppare questo percorso come una grande opportunità di crescita reciproca e che l’aspetto formativo sia la base di supporto di per lo svolgimento di ogni esperienza.

Per informazioni sulle prossime iniziative contattateci.

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