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Lavorando 05/2016

Il nostro Paese sta cercando di superare un sistema rigido, poco aperto al cambiamento, con meccanismi di ricambio inceppati, in cui il vantaggio va tutto alle componenti della società orientate a difendere le rendite del passato a discapito di chi vuole produrre nuovo benessere futuro.

La volontà di superare questo sistema ha creato degli schieramenti: Il nuovo contro il vecchio, il futuro contro il passato, il desiderio di esplorare contro la paura di cambiare. È uno scontro epico ed è uno scontro che sta avvenendo in tanti modi, forme, azioni.

È ormai chiaro che il vento che soffia su questa nuova era è alimentato da un progressivo cambiamento dei paradigmi e che qualsiasi cosa stia avvenendo essa non è una crisi congiunturale, ma è l’insieme di forze che con sempre maggiore vigore e velocità spingono verso nuovi scenari.

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Come abbiamo più volte ribadito, il lavoro è uno dei contesti che più di altri ha subito ed è stato stravolto dal cambiamento: sono cambiate le figure richieste dal mercato, le competenze necessarie a svolgere una mansione, i tempi e i modi per accedere al mercato del lavoro, il modo di comunicare, di relazionarsi, cambia il modo in cui le aziende selezionano nuovi collaboratori.

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Ecco perché noi di cambiamenti, abbiamo pensato di offrire gratuitamente, a tutti coloro che sono alla ricerca di un lavoro, o che, anche se hanno già un lavoro vogliono rimanere sempre aggiornati, Lavorando la nostra rivista per stare al posso con i tempi.

Al suo interno troverete informazioni su: agevolazioni per chi cerca lavoro, su come funzionano i nuovi contratti, offerte di lavoro e molto altro…buona lettura!

 

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Alla ricerca della “sicurezza” nel futuro lavorativo

“Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti” – Winston Churchill

Da più di vent’anni cooperiamo con le organizzazioni e le persone, per gestire il cambiamento, già allora, avevamo compreso che il mondo, e soprattutto quello del lavoro, sarebbe stato segnato da rapide svolte e continue evoluzioni, eppure uno dei bisogni rimasto invariato è il bisogno di sicurezza e stabilità lavorativa.

Siamo nell’era in cui tutto ciò che oggi è innovativo domani diventa obsoleto, in cui non ci possiamo permettere di rimanere fossilizzati su valori, competenze e conoscenze che possediamo, ma dobbiamo continuare ad aggiornarli, accrescerli e innovarli, in questi anni abbiamo avuto la conferma che anche i contratti lavorativi ormai tendono alla flessibilizzazione delle collaborazioni.

Questo clima ha incrementato paure, ansie e forti preoccupazioni per il futuro!

Eppure in tutto questo fermento, una riflessione, proviene dall’etimologia del termine preoccupazione, che deriva dal latino e significa: occuparsi prima.

Dunque pensando al futuro, come possiamo gestire anticipatamente, qualcosa che deve ancora avvenire?

Questa domanda, non vuole alleggerire gli animi, ma sottolineare che, utilizzare le risorse nella ricerca di un lavoro che garantirà stabilità e sicurezza, per tutto l’arco della vita professionale, è un impegno che non dà risultati.

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  • Cosa possiamo fare allora di fronte all’incertezza?
  • Quali sono le strade da seguire per uscire dalla condizione di naufraghi alla deriva?

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Il primo passo è scegliere d’investire le energie in attività che aiutino a fare chiarezza, che diano una panoramica sulle competenze che si possiedono, e su quelle da sviluppare, che orientino la persona sulla costruzione dell’imbarcazione più adeguata, per navigare nel mare dell’incertezza, con questo obiettivo nasce JOB SURVIVOR!

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Un curriculum su 3 è sbagliato!

Un curriculum su 3 è sbagliato!

Le aziende ne ricevono tra i 20 ed i 50 a settimana, ma troppi candidati vengono bocciati prima del colloquio. Alcuni degli errori più frequenti

(Tratto da un articolo di  CORRADO ZUNINO – Repubblica del 16 dicembre 2014)

Una rilevazione condotta dal settore replacement dell’Università Cà Foscari di Venezia su trenta aziende  –  tra cui diverse multinazionali, ( Apple, Toyota, Cameo, H&M, L’Oréal, Calzedonia, Luxottica, Gruppo Coin)

I selezionatori sono cattivi, ma i neolaureati che aspirano a un lavoro sanno farsi male da soli.

Infatti, emerge che:

[list style=”arrow”]grafici cv

  • Uno candidato su tre presenta un curriculum vitae, su carta o digitato in una piattaforma aziendale, cronologicamente sballato. Difficile comprendere il percorso scolastico del neolaureato, individuare il momento in cui ha fatto esperienze formative extra: master, stage. Difficile comprendere, pure, se un viaggio all’estero sia il qualificante Erasmus o una gita universitaria.
  • Una minoranza di loro mette foto inappropriate, anche estive, scattate in spiaggia e al pub.
  • Altri sono prolissi, ridondanti e caotici; hanno sovrastima di sé e non si capisce se è arroganza o tensione all’automarketing.
  • Il 28 per cento dei cacciatori rivela che nei “cv” ci sono “date discordanti”.
  • Molti dimenticano di inserire i dati di contatto come la mail, il numero di telefono, ma anche il luogo di nascita e la residenza.
  • Un selezionatore ogni sette segnala che non c’è l’indicazione del diploma, né il voto di laurea. A volte si preferisce nasconderlo, ma un datore di lavoro lo considera un segnale negativo.
  • Il novanta per cento dei selezionatori verifica il livello della lingua, chi non la conosce come ha dichiarato è bruciato.
  • Il 71 per cento delle “company” ritiene un’indicazione sovrastimata dei ruoli ricoperti un elemento che compromette l’esito della candidatura. Non si possono fare tre mesi di stage in azienda e qualificarsi come responsabile del marketing!

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Alcune considerazioni

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  • Il modello cronologico, il racconto di sé, è preferito da un terzo dei selezionatori rispetto al curriculum Europass, quello preordinato e da completare.

 

  • Una buona esposizione indica una conoscenza dell’italiano e una predisposizione al ragionamento.
  • Una veste grafica personalizzata, non solo aiuta la presentazione, ma dimostra che chi si presenta sa utilizzare le tecnologie.
  • Metà dei selezionatori va a controllare Facebook, Twitter, soprattutto LinkedIn, ed è tra i post e i commenti che inizia a valutare il candidato.
  • Otto su dieci dei selezionatori vanno subito alla sintesi del profilo e alla descrizione degli obiettivi professionali: bisogna indicare presto le competenze da offrire, provare a metterle in sincrono con il ruolo ricercato dalle aziende.

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20 anni di esperienza nella selezione del personale e nella formazione sul marketing di sé stessi, ci consento di fornire molti consigli e suggerimenti a tutte le persone interessate a cambiare lavoro

per approfondire

Outplacement Risorse umane
Ricollocazione professionale

Cosa s’intende per ricollocazione professionale? Quali sono le caratteristiche ed i vantaggi per le aziende ed i lavoratori?

Sono questi alcuni dei quesiti ai quali daremo risposta nell’articolo di oggi.

Prima di tutto proponiamo la versione semplificata del passaggio normativo che introduce la ricollocazione professionale in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

[toggle title=”LEGGE 28 giugno 2012 , n. 92 Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro – Art. 1 comma 40″ ] … il licenziamento per giustificato motivo oggettivo derivante da crisi dell’impresa, da cessazione dell’attività e, anche solo, dal venir meno delle mansioni cui era in precedenza assegnato il lavoratore qualora, disposto da un datore di lavoro con più di 15 dipendenti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione Territoriale del Lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.

Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
La Direzione Territoriale del Lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. (…)
Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia Agenzie per il lavoro previste dal Ministero del lavoro (consulta l’albo informatico delle agenzie autorizzate) [/toggle]

[dropcap style=”1″]C[/dropcap]ome abbiamo appena visto, l’outplacement è uno strumento di ricollocamento previsto anche dall’attuale riforma del mercato del lavoro che le aziende possono proporre ai propri dipendenti quando viene concordato il licenziamento.

Offrire la possibilità dell’outplacement non cambia la sostanza (il licenziamento), ma muta completamente il modo in cui questo avviene sottolineando l’importanza che viene data dall’azienda al welfare to work.

Nella nostra società è cambiato in questi anni il concetto di lavoro. Si è passati dalla cultura del posto fisso, del contratto a tempo indeterminato a quella della flessibilità dove diventa premiante per l’individuo agire in funzione della propria occupabilità.
L’outplacement, individuale e/o collettivo, è uno strumento ancora poco diffuso, oggi, ma il tema della ricollocazione dei lavoratori è certamente di interesse per chi si occupa di persone e per tutti quegli attori coinvolti a vario titolo a riflettere e promuovere quelle politiche legate al lavoro tese a far rimanere le persone fuori dal mercato del lavoro il minor tempo possibile.
Perdere il lavoro può portare la persona a vivere un periodo di depressione, ad una apatia che non le permette di attivarsi realmente nella ricerca di una nuova occupazione.

L’outplacement offre la possibilità al dipendente licenziato di intraprendere un percorso di ricollocamento supportato da un consulente che non si sostituirà a lui nel trovare una nuova opportunità professionale, ma che lo accompagnerà nelle diverse fasi di questa ricerca in un momento delicato come quello di trovarsi a vivere il “lutto” professionale.

La persona ha così la possibilità di prendere coscienza delle proprie risorse, di effettuare un bilancio di competenze per comprendere se queste sono davvero sufficienti per una nuova occupabilità o se è necessaria un’attività di formazione e di sviluppo professionale.

[dropcap style=”1″]È[/dropcap] l’occasione per fare propri quegli strumenti del marketing che sono alla base della propria autopromozione sul mercato e per acquisire un metodo che la persona può far proprio nella ricerca di nuova occupazione e che può esserle utile anche in altri momenti della sua vita professionale.
I dati dimostrano che chi affronta un percorso di outplacement si ricolloca più velocemente rispetto a chi non usufruisce di tale servizio.

In sintesi i dipendenti coinvolti dal processo di outplacement hanno la possibilità di:

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  • ridurre i tempi di ricollocazione lavorativa, attraverso il sostegno di un professionista nella ricerca di una nuova opportunità professionale;
  • acquisire una maggior consapevolezza di sé e delle proprie capacità e aspirazioni professionali;
  • riproporsi sul mercato del lavoro in modo mirato;
  • avere un supporto psicologico per affrontare la nuova situazione, riducendo lo stress che ne deriva .

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Qual è il vantaggio per l’azienda?

Sia l’outplacement individuale che collettivo rappresentano un’opportunità per l’azienda, in quanto:

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  • possono rendere più semplice e positivo il processo di riduzione del personale, limitando i rischi di controversie legali con conseguenti vantaggi economici e di immagine;
  • consentono di agevolare gli accordi sindacali e gestire i processi organizzativi, favorendo la ricollocazione degli esuberi;
  • riducono i tempi per arrivare alla “separazione”, sempre costosi e dannosi al clima aziendale;
  • trasmette nel mercato del lavoro l’immagine di un’azienda che si fa carico del peso sociale della perdita del lavoro

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