L'(in)sostenibile leggerezza di leggere
Siamo alle soglie del rito feriale.
Chi ha (ancora) un lavoro si appresta a sbrogliare le ultime cose, a controllare la check list dei preparativi, ad accendere ceri affinché non succedano gl’imprevisti dell’ultima ora, quelli capaci di mandare all’aria le agognate vacanze.
Credo che molti, ma non tutti, abbiano già pensato di infilare in valigia un libro (almeno), con la promessa, perfino, di leggerlo!
Per chi non avesse ancora idea di cosa leggere o per chi volesse sfidare se stesso facendo il bis di titoli, mi permetto di suggerire un volumetto di 385 pagine.
Si, lo so, sono molte, ma penso che il periodo di ferie metta a disposizione quel tempo e quella continuità che spesso manca nel periodo in cui si è assorbiti dal lavoro (sempre chi ce l’ha).
Poi, di queste 385, moltissime sono figure, tabelle statistiche; grafici! Volano via più facilmente…anche se alcune di queste possono provocare emozioni tali da indurre la chiusura del libro e aprire Topolino (lettura anch’essa altamente consigliata a tutti quei manager che tendono a prendersi sul serio, sempre)!
Il titolo di questa breve presentazione fa il verso al titolo del libro in questione, ma non si tratta di quello che potrebbe venirvi in mente, il celebre capolavoro di Kundera, nossignori.
Ha sì ha che fare con la sostenibilità ma è tutt’altro che leggero! Vedo già squagliarsi la schiera dei fin qui ancora potenziali lettori. Ma insisto.
Secondo indizio: alcuni di voi, i più attempati, coloro che appartengono alla mia generazione, avranno sentito parlare e probabilmente letto un saggio del 1972, intitolato “I limiti dello sviluppo” dai più etichettato e boicottato come testo terroristico, anticapitalistico, antesignano dei moderni teorici della decrescita (in)felice. E quindi dimenticato.
A distanza di 40 anni le tesi di quel saggio riemergono su basi scientifiche più forti e soprattutto basate su evidenze empiriche allora meno evidenti; tanto per fare un esempio, nel 1972 la popolazione mondiale assommava a circa 4 miliardi d’individui. Oggi è salita a 7,2 miliardi!! E potrebbe arrivare a 9 attorno al 2050. E allora?
Allora il libro di J.D. Sachs, L’era dello sviluppo sostenibile, Egea Editore, 2015 (27€ brochure, 17,99€ e-book), riprende ed amplia l’analisi (compiuta a più mani con esperti in ogni settore della vita sociale) dello stato del pianeta e, a differenza delle conclusioni cui giungevano gli esperti del Club di Roma negli anni ’70, ci aiuta a comprendere che le spade di Damocle sospese sul pianeta non sono ineluttabili.
L’ottimismo di fondo dell’autore, in verità, non mi ha contagiato fino in fondo.
Apprezzo il fatto che accanto ai problemi e ai drammi che si stanno consumando in molte parti del mondo, lui sottolinei le possibili vie di soluzione.
Adottando un approccio sistemico, sostiene che le tre grandi sfide che abbiamo di fronte:
– sviluppo economico (e non decrescita)
– inclusione sociale (pari opportunità, limiti alle disuguaglianze, crescita culturale, diritto alla salute)
– rispetto ambientale (nuove forme di energie, nuovi comportamenti etici, ecc)
possono essere vinte tutte assieme e non sacrificando l’una a scapito dell’altra.
Non svelerò le proposte che formula a sostegno della sua tesi perché altrimenti vi toglierei il gusto della scoperta. Come un thriller (ed in effetti lo è, altrimenti come potremmo catalogare un testo al cui fondo c’è in gioco la salvezza del pianeta con tutti i suoi passeggeri – animali e vegetali) il libro srotola pagina dopo pagina i tremendi effetti delle nostre fin qui assai poco assennate scelte.
Lo sviluppo economico tende infatti ad ampliare le disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra paesi economicamente evoluti e paesi sempre più marginali; l’inclusione sociale vede ad un estremo società dove le differenze di genere, razza, religione, censo, sono ridotte e all’altro estremo società castali, dove, per esempio, l’uscita dalla classe di provenienza è quasi impossibile; la situazione ambientale in certe regioni è di assoluto degrado; molte risorse tra cui l’acqua corrono seriamente il rischio di essere esaurite e non proseguo con l’elenco.
Ma, il nostro ottimista autore, consulente decennale dell’ONU, svela i piani per capovolgere i problemi in opportunità.
Arrivato al termine, dopo la suspence con cui ho assorbito tutte le pagine (inizialmente pensavo che ci avrei impiegato un tempo maggiore, ma certi capitoli venivano letteralmente divorati), sono giunto ad una mia personale pessimistica conclusione: ripensando e confrontando la recente vicenda della soluzione del caso greco con quanto suggerito dal dr. Sachs, trovo ancora poco probabile che laddove non si è riusciti ad accordare un pugno di nazioni (non posso dire l’Europa poiché non c’era!) su qualche centinaio di miliardi di euro, si riesca ad accordare l’intero contesto mondiale su problemi globali di portata economica, sociale ed ambientale sicuramente superiore.
Non riesco ad intravedere una capacità corale di superare l’egoismo nazionale per tirar fuori dal degrado, dalla povertà, dalla fame e dal sottosviluppo un paio di miliardi di persone cui assicurare non solo pranzo e cena ma, soprattutto (come principalmente sostiene l’autore): istruzione, salute, ambiente pulito e gradevole, per tutti!!!
Naturalmente questa mia amara considerazione non vuol essere di scoramento e distogliere voi potenziali lettori dalla sua conoscenza, anzi.
Anche se, pensando a molti manager, conosciuti e no, protesi a risultati trimestrali, non posso che avere conferme che, ancora una volta questo dottissimo testo farà la fine di quello di 40 anni fa: messo in disparte perché utopistico, realizzabile in tempi di Matusalemme, e soprattutto indicatore di paradigmi economico-sociali molto differenti da quelli che sventolano sotto la bandiera liberista!
Sarebbe un peccato e un deliberato sabotaggio di una concreta via di svolta: perché lì dentro ci sono suggerimenti e soluzioni concrete per il cambiamento che potrebbe salvare capra e cavoli. Ma questa capra potrebbe ancora una volta mangiare tutti i cavoli; tanto a morire saranno le capre future.
Per dirla in altro modo: chi ci libererà da Kronos in modo che i figli potranno continuare ad abitare il pianeta?
Umberto Porri